Oggi in uscita la biografia del campionissimo bolognese, che ha rilasciato una lunga intervista ad Aldo Cazzullo sulle colonne del Corriere della Sera. "Non mi piaceva essere definito un guascone, i tifosi di un'intera carriera sono ancora i miei migliori amici; sì, avrei potuto vincere altre Coppe del Mondo. Io e Thoeni molto più simili di quanto si possa pensare".
Esce proprio in queste ore, in tutte le librerie d’Italia, la prima biografia di Alberto Tomba, “Lo slalom più lungo”.
Per lanciare il volume che racconta, in poco meno di 300 pagine, l’epopea di una leggenda dello sport italiano come lo slalomgigantista di Castel de’ Britti, c’è stata anche un’interessante intervista che il pluricampione olimpico e mondiale ha concesso ad una firma prestigiosa come Aldo Cazzullo, per il Corriere della Sera.
Eccone alcuni stralci che si legano a doppio filo rispetto a quanto Albertone svela nel suo libro. “Ero e sono molto diverso da come mi avete descritto nell’arco della mia carriera, ho sempre odiato quando mi chiamavano sbruffone. Detestavo essere definito guascone. Lo so, ero fatto così come quando tra le due manche del gigante olimpico di Calgary ho mangiato una fetta di panettone; qualsiasi allenatore lo proibirebbe, ma non volevo passare il tempo tra le due prove a macerarmi.
Ho sempre preferito stare in mezzo alla gente… e mangiare il panettone, se avevo fame! È la mia natura, il mio modo di scaricare la tensione. Mi piaceva scherzare, fare le foto, firmare gli autografi, poi magari andavo di fretta e dovevo dire di no a qualcuno, e i giornali scrivevano: “Tomba evita i tifosi”. Io adoravo la gente e i miei più grandi fans sono ancora adesso i miei più grandi amici, a partire da Loris, che ha inventato Tombaland, passando per Claudio, il fotografo del gruppo; per lui ho girato anche il podio ad Adelboden, nel 1995, quando vincendo quel gigante iconico per la prima volta, il mio amico era lì con la moglie ma la premiazione dava le spalle al pubblico.
Lui fa partire il coro, sulle note di Guantanamera: “Giraci il podio, Alberto giraci il podio”.
Nella lunga intervista al Corriere, Tomba ha ricordato il buon rapporto con i giornalisti e ha avuto un pensiero per Furio Focolari, scomparso recentemente e che ha raccontato le sue gesta negli anni dell’esplosione di un mito che… forse avrebbe potuto vincere più della sola Coppa del Mondo del 1995? “Ho perso coppe in cui avevo vinto nove gare e Zurbriggen due, i regolamenti mi danneggiavano. Le combinate avevano troppo peso. Notati a Saalbach, nello slalom decisivo per la sfera di cristallo del 1988, che in troppi scesero lenti, svogliati, qualcuno si è fermato proprio pur di non far vincere il cittadino. Poi battei Pirmin nel parallelo finale, ma non valeva per la classifica”.
Si è parlato tanto dell’Alberto nazionale sex symbol e che trascurasse lo sci per le discoteche, ma “sono tutte frottole, io sono sempre stato un timido e mi sottoponevo ad allenamenti massacranti. Passavo le estati sui ghiacciai, dalle Ande tra l’Argentina e il Cile, con la sveglia all’alba a trenta gradi sottozero, il vento in faccia, i panorami infiniti… e mi piaceva”.
Si parla anche del tentativo con la velocità, ma è vero che aveva giurato alla mamma di non correre la discesa, chiede ancora Cazzullo? “Neanche questo è vero, in allenamento andavo a centoventi all’ora e facevo salti di cinquanta metri. Non avevo paura, anche se certo ero uno slalomista, non un discesista. Ho visto troppe carriere stroncate, gambe rotte, vite sportive distrutte.
Sono stato il primo a indossare il casco, anche in gigante: passavo molto vicino ai pali e rimediavo craniate pazzesche. Mi prendevano in giro; adesso il casco lo portano tutti. E comunque, dopo la caduta e la frattura, sono tornato a fare i super-g”.
È vero che riusciva a sciare pure nel giardino di casa? “Con mio fratello Marco lo ghiacciavamo con l’acqua, preparavamo una specie di trampolino, aspettavamo che tornasse nostra madre sulla jeep, poi ci saltavo sopra con gli sci!”. Il primo Tomba che tutti ricordano è quello capace di battere gli assi della nazionale sulla montagnetta di San Siro, il 23 dicembre 1984 per il mitico parallelo di Natale: “Eliminai Paolo De Chiesa, l’ultimo grande della Valanga Azzurra, poi Edalini ed Erlacher in finale, ma i giornali non scrissero il mio nome.
Ricordo il titolo della Gazzetta: “Grossa sorpresa alla Montagnetta di San Siro, un azzurro della B beffa i grandi nel parallelo”. Il bolognese non poteva essere nominato; lo so, ho un nome buffo, all’epoca non c’erano i social e non potevo replicare, ma quell’omissione mi fece male, anche se durò un istante. Mi dissi che avrei vinto tante altre gare e i titoli con il mio cognome arriveranno presto”.
Nel 1987 la prima medaglia “pesante” con il bronzo nel gigante del Mondiale di Crans-Montana, ma è stato Calgary ’88 a cambiare tutto, con il debutto ai Giochi Olimpici da doppietta d’oro. “Eravamo nello Stato dell’Alberta, non poteva finire diversamente, al ritorno mi ricevette Cossiga al Quirinale, dicendo che era un mio grande tifoso e che spostava gli appuntamenti politici per seguire le gare. Tornai da Roma a Bologna con un mio concittadino: Enzo Biagi. Era un’Italia di grandi personaggi. Il Festival di Sanremo interrotto per lo slalom? E dire che all’epoca c’erano davvero belle canzoni. Meno male che ho vinto”.
L’idolo? Ingemar Stenmark: “Un giorno a Sestriere disse: “Ora posso ritirarmi, Alberto ormai è imbattibile”. Fu una soddisfazione immensa, ma ho avuto un grandissimo rivale in Pirmin Zurbriggen, poi ha lasciato anche lui mentre Marc Girardelli continuava e andava forte pure in slalom. Ho incontrato Thomas Stangassinger e sono arrivato fino a Hermann Maier. Mi sono battuto contro tre generazioni di sciatori”.
Dall’89 al ’96, la stella bolognese è stata allenata da Gustavo Thoeni. E… “non eravamo così tanto diversi, le ho detto che sono un timido anche se certo Gustavo era silenzioso, io non proprio. Ci completavamo, c’era feeling e confidenza. Ha sempre avuto fiducia in me, mi ha sempre sostenuto. Filmavamo gli allenamenti, studiavamo i video insieme: la spinta in partenza, la linea, i dossi, le figure, poi in skiroom a controllare lamine, scarponi, attacchi, bastoncini, guanti.
Quando c’era da rimontare, mi ricordava la sua leggendaria seconda manche ai Mondiali di Sankt Moritz”.
Con Deborah Compagnoni, la prima metà degli anni ’90 è stata qualcosa di unico per lo sci italiano: “Siamo sempre stati amici, quando si ruppe il ginocchio nel gigante di Albertville 1992, dopo aver vinto l’oro in super-g, le telefonai perché sentivo il bisogno di starle vicino. Così le dico: “Dobbiamo vederci per festeggiare! Dimentichi che io e te abbiamo vinto due medaglie d’oro olimpiche”.
Il Tomba fuori dalla pista ha fatto discutere, ma Alberto racconta ancora: “Tante cose se le inventavano, scrissero che avevo una storia con Katarina Witt, la pattinatrice, solo perché a Calgary ero andato a vedere la sua gara. Mi chiamavano Sex Bomb… che stupidaggini. Gioele Dix mi imitava salutando le ragazze: “Bella gnocca!”, ma non mi sono mai permesso, semmai “bella bimba”, come nella canzone di Achille Lauro “Ehi, bambina”.
Arrivarono a fotografarmi nudo in sauna, e a pubblicare le immagini, fu una vigliaccata e mi attaccavano persino per i canguri. Nella proprietà di famiglia mio papà aveva la voliera con i pappagalli, mi accompagnò alle gare in Australia, e cominciò ad allevare i canguri, ma non australiani, europei. Stavano benissimo: innocui, buoni. Una volta la porta del recinto restò aperta, qualcuno uscì fuori, fu notato, ne nacque una polemica. Così ci hanno portato via i canguri e morirono in una settimana.
Potrei raccontarle tante altre piccole storie come questa, non avevo tutti dalla mia parte. Ho sempre suscitato amore e odio. Più amore, per fortuna”.
A proposito di amore, quello con Martina Colombari ha fatto scrivere capitoli interi: “Ero giurato a Miss Italia. Vinse lei, a mani basse. Era bellissima, e fu una storia bellissima: non aveva ancora la patente, la andavo a prendere a scuola. È durata quattro anni, ma credo sia finita anche per la troppa pressione mediatica. Sempre i riflettori addosso, mai la privacy. Io ero sempre in giro, lei aveva avuto successo nel suo mestiere. Ci vedevamo poco”.
Il rapporto coi social è… nullo: “C’è troppo odio in giro. Guardi questa tragedia dei femminicidi, non finiscono mai, uno tira l’altro. Mi turba molto”. E poi il pensiero per papà Franco: “Ci ha lasciati l’anno scorso, ricordo tutti i sacrifici che ha fatto per me. Mi portava a sciare sull’Appennino: sul Corno alle Scale, sul Cimone, sull’Abetone, a Cerreto Laghi, poi quando ho cominciato con la Nazionale ma non guidavo ancora, mi accompagnava ai caselli dell’autostrada, a Piacenza, a Brescia o a Verona, dove mi univo alla squadra.
Sono immensamente grato a lui e a mamma. Mia sorella Alessia è più piccola di dieci anni, ma ci siamo sempre voluti bene. Come con Marco”.
Sul ritiro a 31 anni, come aveva già avuto modo di confessare, è arrivato troppo presto se pensiamo che fisicamente Alberto si sentiva ancora competitivo. “Ero stanco e stressato, tra gli allenamenti, le gare, i viaggi in macchina e la pressione continua. Dover vincere sempre, perché alla prima caduta diventavo Alberto Tombola. I francesi scrivevano: “Tomba est tombé”. Io ero umile, semplice, genuino, ma qualcuno, pur di vendere, scriveva il contrario. Di sicuro smettere non è facile, devi scegliere il momento giusto e lasciare quando sei in vetta, non mentre stai precipitando. Io l’ho fatto dopo aver vinto la mia cinquantesima gara di Coppa del Mondo. Per il fan club, cinquanta più una: il parallelo di Saalbach”.
“Un pensierino l’ho fatto per le Olimpiadi di Torino – ha risposto Tomba sull’ipotesi di un possibile rientro - Avevo già trentanove anni, ero fermo da troppo tempo e così ho fatto il tedoforo. Entrare nello stadio con la torcia, ascoltare il boato della folla, è stato stupendo”. A proposito, tanti si chiedono se possa essere la leggenda azzurra ad accendere il braciere dei Giochi di Milano Cortina 2026… “Non lo so, ma le piste saranno meravigliose e le strade… un po’ meno”.
Sull’attualità, ovvero le grandi stelle dello sci italiano, Sofia Goggia e Federica Brignone, chi sceglie Tomba? “Entrambe. Sono due tigri, combattenti straordinarie. Sofi ha vinto l’argento meno di un mese dopo essersi rotta la gamba, ora Fede, dopo una stagione in cui ha vinto tutto, sta recuperando da un infortunio grave e spero ce la faccia per Cortina. Le ammiro moltissimo”.
Cambierebbe qualcosa della sua vita? “Non una virgola. È stato tutto bellissimo”.
BOLLETTINO NEVE
| LOCALITÀ | I.APERTI | H. Min/Max |
|---|---|---|
| Ghiacciaio Presena | 0/30 | 0-10 cm |
| Saas-Fee | / | 0-0 cm |
| Ghiacciaio Val Senales | 5/11 | 10-28 cm |
| Breuil-Cervinia | 7/15 | 10-40 cm |
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